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21/06/2019

Abuso d’ufficio in materia edilizia: non è necessario l’accordo collusivo tra le parti

In tema di reato di abuso d'ufficio in materia edilizia, la Corte di Cassazione ha ribadito che la prova del dolo intenzionale, che qualifica la fattispecie di cui all'art. 323 del Codice penale, prescinde dall'accertamento dell'accordo collusivo con la persona che si intende favorire, potendo essere desunta anche dalla macroscopica illegittimità dell'atto.

Nel caso di specie, erano stati condannati per il reato di abuso d’ufficio il dirigente dell'Ufficio Tecnico Comunale ed il tecnico progettista e direttore dei lavori poiché concorrevano con i proprietari dell'immobile nel consentire la realizzazione dì una pluralità di lavori abusivi.

Secondo costante orientamento giurisprudenziale, in tema di abuso d'ufficio, la prova del dolo intenzionale, che qualifica la fattispecie di cui all'art. 323 del Codice penale, prescinde dall'accertamento dell'accordo collusivo con la persona che si intende favorire, potendo essere desunta anche dalla macroscopica illegittimità dell'atto, sempre che tale valutazione non discenda in modo apodittico e parziale dal comportamento non iure dell'agente, ma risulti anche da elementi ulteriori concordemente dimostrativi dell'intento di conseguire un vantaggio patrimoniale o di cagionare un danno ingiusto.

Pertanto, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna poiché ha ritenuto che:
- era stata correttamente ritenuta non necessaria ai fini della sussistenza del contestato reato di abuso d'ufficio la prova di un vero e proprio patto collusivo tra il dirigente dell’Ufficio Tecnico Comunale e le parti private;
- si era invece in presenza di un atto “macroscopicamente illegittimo”, in quanto era stato qualificato come volume tecnico un piano interrato di rilevanti dimensioni (circa 150 mq.), che, secondo i giudici di merito, costituiva invece un nuovo e autonomo spazio volumetrico.
 

Dalla redazione