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28/01/2019

Conferenza di servizi e VIA: illegittime alcune norme della Regione Lombardia

Con la sentenza n. 9 depositata il 25/01/2019 la Corte Costituzionale ha bocciato alcune norme contenute nella L.R. Lombardia n. 36 del 2017 recante le disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento regionale ai decreti legislativi n. 126/2016, n. 127/2016, n. 222/2016 e n. 104/2017, relative alla disciplina della conferenza dei servizi, ai regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti e a ulteriori misure di razionalizzazione.

FATTISPECIE - Nel dettaglio le norme impugnate sono le seguenti:

- la lettera b), comma 1, dell’articolo 2 della L.R. Lombardia n. 36/2017;
- il numero 9, lettera d), comma 1 dell’articolo 10 della L.R. Lombardia n. 36/2017.
Le disposizioni impugnate modificano due leggi della Regione Lombardia. In particolare, la lettera b), comma 1 dell’articolo 2 della L.R. Lombardia n. 36/2017modifica l’articolo 13 della L.R. Lombardia n. 1/2012 (Riordino normativo in materia di procedimento amministrativo, diritto di accesso ai documenti amministrativi, semplificazione amministrativa, potere sostitutivo e potestà sanzionatoria), introducendo, tra l’altro, il comma 1-quater, secondo cui, «[q]ualora la determinazione da assumere in conferenza di servizi presupponga o implichi anche l’adozione di un provvedimento di competenza di un organo di indirizzo politico, tale provvedimento è acquisito prima della convocazione della conferenza di servizi o successivamente alla determinazione motivata di conclusione della stessa conferenza. In caso di acquisizione successiva del provvedimento di cui al precedente periodo, l’efficacia della determinazione di conclusione della conferenza di servizi è sospesa nelle more della formalizzazione dello stesso provvedimento».
Il numero 9), lettera d), comma 1 dell'articolo 10 della L.R. Lombardia n. 36/2017 modifica, invece, l’articolo 4 della L.R. Lombardia n. 5/2010 (Norme in materia di valutazione di impatto ambientale), introducendo, tra l’altro, il comma 6-ter, secondo cui, «[q]ualora per l’approvazione degli interventi in progetto o per l’espressione di atti di assenso, comunque denominati, la determinazione da assumere in conferenza di servizi presupponga o implichi anche l’adozione di un provvedimento di competenza di un organo di indirizzo politico, si applica quanto previsto all’articolo 13, comma 1-quater, della l.r. 1/2012».

La questione sottoposta all’esame della Consulta è stata quella di stabilire se le due disposizioni di cui sopra interferiscano o meno su alcuni profili della disciplina della conferenza di servizi di competenza del legislatore statale.

DECISIONE - Relativamente alla lettera b), comma 1, dell’articolo 2 della L.R. Lombardia n. 36/2017, la Corte ha ritenuto che nel caso di specie il legislatore regionale - escludendo dalla conferenza la valutazione dell’organo politico inscindibilmente legata alla determinazione da assumere - finisce con il vanificare il senso stesso della conferenza e l’efficacia della sua determinazione conclusiva.
E questo per un duplice ordine di ragioni:
- perché la decisione dell’organo di indirizzo politico può arrivare a stravolgere, dall’esterno, l’esito della conferenza, giacché le sue valutazioni (siano esse assunte prima o dopo lo svolgimento della conferenza) prevalgono su quelle degli altri partecipanti. Così disponendo, il legislatore lombardo assegna alla decisione dell’organo di indirizzo politico (estrapolata dalla conferenza di servizi) un valore diverso e maggiore rispetto a quello delle valutazioni espresse dalle altre amministrazioni competenti;
- perché la norma regionale - prevedendo che l’efficacia della determinazione di conclusione della conferenza sia sospesa nelle more della formalizzazione del provvedimento dell’organo politico - elude l’esigenza di speditezza e contestualità cui risponde la previsione, che non solo impone a tutte le amministrazioni interessate di esprimere il proprio dissenso in conferenza, ma assegna alla determinazione ivi assunta efficacia sostitutiva, a ogni effetto, di tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni coinvolte.

CONCLUSIONI - La Corte ritiene che la norma regionale impugnata - lettera b), comma 1, dell’articolo 2 della L.R. Lombardia n. 36/2017 - non assicuri "livelli ulteriori di tutela", e anzi sacrifichi le finalità di semplificazione e velocità alla cui protezione è orientata la disciplina statale dell'istituto. La Consulta ritiene, inoltre, che la disciplina regionale configuri un “modello di conferenza di servizi” squilibrato e contraddittorio:

- squilibrato, perché assegna una netta prevalenza alla valutazione degli organi di indirizzo politico, senza precisare inoltre che cosa avvenga in caso di coinvolgimento di più organi politici;
- contraddittorio, perché, sebbene la decisione da assumere in conferenza presupponga o implichi un provvedimento di questi organi, la loro valutazione è separata da quella degli altri soggetti interessati.
La Corte afferma che: “ …. si deve parimenti escludere che il modello così prefigurato costituisca sviluppo coerente e armonioso del quadro definito dalle norme statali interposte”.
Dalla illegittimità, per le suddette ragioni, della previsione di cui alla lettera b), comma 1, dell’articolo 2 della L.R. Lombardia n. 36/2017 la Corte fa discendere, altresì, l’illegittimità del numero 9, lettera d), comma 1 dell’articolo 10 della stessa legge che si limita a estendere il campo di applicazione dell’impugnato articolo 2 al caso di conferenza di servizi nell’ambito di una procedura di valutazione di impatto ambientale.

 

Dalla redazione