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10/10/2018

La prova del dolo intenzionale nel reato d'abuso d'ufficio in materia edilizia

La Corte di Cassazione si è pronunciata sui presupposti per l'accertamento del dolo intenzionale nel reato d'abuso d'ufficio in materia edilizia ed ha ribadito che non è necessaria la prova dell'accordo collusivo tra le parti.

Nella fattispecie concreta il responsabile di un settore dell'Ufficio Tecnico del comune aveva adottato provvedimenti amministrativi illegittimi ed assunti in violazione di legge, così procurando intenzionalmente alla ditta costruttrice un ingiusto vantaggio patrimoniale, costituito dalla sanatoria degli abusi edilizi perpetrati nella realizzazione dell'immobile, e, contestualmente, cagionando al proprietario del fondo confinante in particella un danno costituito dalla possibilità data alla ditta costruttrice di edificare un immobile di cubatura pari a mc. 1.223,16 a fronte di una cubatura realizzabile minore pari a mc. 855,81 incompatibile con precedenti atti di asservimento volumetrico esistenti in favore del suddetto proprietario.

In proposito, la Sent. C. Cass. pen. 04/09/2018, n. 39699, ha riaffermato che la prova dell'intenzionalità del dolo del reato di cui all'art. 323 c.p. (abuso d'ufficio) prescinde dall'accertamento dell'accordo collusivo con la persona che si intende favorire, potendo essere desunta anche dalla macroscopica illegittimità dell'atto e da ulteriori indici fattuali, concordemente dimostrativi dell'intento di conseguire un vantaggio patrimoniale o di cagionare un danno ingiusto, tra i quali assumono rilievo:
- l'evidenza, la reiterazione e la gravità delle violazioni,
- la competenza dell'agente,
- i rapporti fra l'agente ed il soggetto favorito,
- l'intento di sanare le illegittimità con successive violazioni di legge.

Dalla redazione