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03/09/2018

Presupposti e limiti del controllo pubblico sulle fondazioni

Con la decisione n. 4288 del 13 luglio 2018 la quinta sezione del Consiglio di Stato ha esaustivamente avuto modo di circoscrivere il perimetro di applicabilità dei controlli che ex art. 25 del Codice Civile le autorità pubbliche possono esercitare sugli atti delle fondazioni.

a cura di Mario Tocci
(avvocato e docente di Legislazione dei Beni Culturali nell’Università degli Studi di Sassari)

Anzitutto il supremo consesso della giustizia amministrativa chiarisce, sulla base della dottrina ormai consolidata (Galgano e Rescigno), che la previsione normativa del controllo pubblico sugli enti fondazionali rinviene fondamento nell’esigenza di predisposizione di un controllo interno speculare a quello contemplato in seno alle associazioni ma ivi rimesso all’assemblea e, diversamente, mancante all’interno delle fondazioni medesime.
Nessun dubbio in ordine alla sindacabilità delle attività di controllo in questione da parte del giudice amministrativo, laddove evidentemente i sottesi poteri delle competenti Pubbliche Amministrazioni sono autoritativi e possono implicare - come sostenuto da eminenti studiosi (Tamburino) - l’annullamento tipicamente consequenziale alla sussistenza di un vizio dell’atto amministrativo.
Proprio sul punto si fonda la decisione in commento, che afferma e cristallizza il principio secondo cui il controllo de quo ha natura esclusivamente di legittimità rispetto alla legge e all’atto di fondazione.
La vicenda contenziosa traeva origine dalla sollecitazione, nei confronti della Regione Veneto e a cura dei soggetti interessati, dell’annullamento dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo - segnatamente rappresentato dal contenimento della spesa - ex art. 3 della Legge 604/1966 irrogati a carico di due dipendenti di una fondazione a cagione di presunte violazioni dello statuto; la Regione Veneto aveva pertanto annullato detti licenziamenti, donde il ricorso della fondazione medesima al Tribunale Amministrativo Regionale di Venezia tuttavia reietto dai magistrati di prime cure. 
Il Consiglio di Stato ha accertato che la compulsazione del controllo regionale non fosse mirata all’accertamento di vizi di legittimità, a dispetto della declinatoria formale, ma tendesse ad una verifica di convenienza sui singoli atti di gestione del personale dipendente, come tale eccedente dai poteri riservati alla Pubblica Amministrazione ex art. 25 del Codice Civile.
Ma i giudici di Palazzo Spada si sono spinti ben oltre, individuando le finalità del controllo pubblico sulle fondazioni, da reputarsi prodromico sia alla protezione degli interessi interni e istituzionali di questi sia alla garanzia di mantenimento del vincolo di destinazione del patrimonio al fine prefigurato dal fondatore.
Da segnalare pure la ritenuta ammissibilità della sollecitazione ab extra dell’attuazione del controllo de quo, anche ad iniziativa di terzi in considerazione del fatto che la legittimazione all’uopo non è la stessa richiesta in ambito processuale (ove è necessario un interesse diretto, concreto e attuale).

Dalla redazione