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Deliberaz. C.R. Lombardia 10/12/2015, n. X/929

Atto di indirizzi del piano di tutela delle acque (articolo 45, comma 4 della l.r. 26/2003).
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Testo del provvedimento

IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA


Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152R (Norme in materia ambientale), che prevede l’elaborazione del piano di tutela delle acque da parte delle regioni, sulla base delle direttive delle autorità di bacino nazionali e interregionali;

Vista la deliberazione del comitato istituzionale dell’autorità di bacino del fiume Po, 23 dicembre 2013, n. 1 «Direttiva 2000/60/CE e decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i. - Ciclo di pianificazione 2015-2021 - Adozione dell’atto di indirizzo per il coordinamento dei piani di tutela delle acque e degli strumenti di programmazione regionale con il piano di gestione del distretto idrografico del fiume Po» e relativi allegati, che rappresenta lo strumento di condivisione di una strategia comune per la tutela delle acque a livello distrettuale e regionale;

Vista la legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26R (Disciplina dei servizi di interesse

IL CONTENUTO COMPLETO E' RISERVATO AGLI ABBONATI.
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Allegato - Atto di indirizzi per la politica di uso e tutela delle acque della regione Lombardia - Linee strategiche per un utilizzo razionale, consapevole e sostenibile della risorsa idrica


1. Premessa

Sulla base della l.r. 26/2003R il Piano di Tutela è costituito dall’Atto di Indirizzi, approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, e dal Programma di Tutela e Uso delle Acque (PTUA), approvato dalla Giunta regionale, che individua le azioni per il raggiungimento degli obiettivi contenuti nell’Atto di indirizzi.

La definizione del Piano di Tutela delle acque, che sarà riferito al periodo 2016-2021, ha come riferimento un contesto istituzionale, normativo e programmatorio che presenta forti novità rispetto al 2006, anno in cui è stato approvato il primo Piano di Tutela, in particolare:

— L’approvazione del Codice dell’Ambiente (d.lgs 152/06) e di successivi atti con cui il legislatore statale ha recepito nella legislazione italiana i contenuti di cui alla direttiva 2000/60/CE “Quadro per l’azione unitaria in materia di acque” definendo obiettivi, strumenti e metodologie per la politica sulle acque.

— L’adozione il 24 febbraio 2010 da parte dell’Autorità di Bacino Po, del primo Piano di Gestione del distretto idrografico del fiume Po (approvato con DPCM 8/2/2013) che definisce obiettivi, misure d’intervento e regole finalizzate all’obiettivo del raggiungimento del “buono” stato per tutti i corpi idrici, fissato dalla normativa europea, e da parte del distretto idrografico delle Alpi Orientali il Piano di gestione dei bacini idrografici delle Alpi Orientali che interessa una piccola porzione della nostra regione.

La revisione della pianificazione regionale in tema di tutela delle acque prende pertanto le mosse dal quadro pianificatorio contenuto nel Piano di gestione distrettuale per il territorio regionale.

Le competenze regionali in materia di acque (usi, tutela, rischio) sono sempre più orientate alla scala di distretto idrografico, con un continuo impegno di armonizzazione e convergenza di tempi, strumenti e metodologie tra le sei Regioni del bacino padano e la Provincia di Trento, in una logica sovraregionale.

Ai sensi dell’art. 13, paragrafo 7 della stessa Direttiva 2000/60/CE e dell’art. 1 della legge 27 febbraio 2009 n. 13, il percorso di riesame, o aggiornamento, del Piano di Gestione delle Acque (secondo ciclo di pianificazione 2015-2021), deve concludersi il 22 dicembre 2015.

Recentemente è stato condiviso in sede di Comitato Tecnico dell’Autorità di Bacino, un “Atto d’indirizzo per il coordinamento dei Piani di Tutela delle acque e degli strumenti di programmazione regionale con il Piano di gestione del distretto idrografico padano” che definiscono la direttrice di lavoro su cui maturare i contenuti della revisione dei Piani, sia di livello regionale che distrettuale, per la pianificazione 2016-2021.

Il PTUA si costituirà perciò nei prossimi mesi in allineamento con il processo di revisione del Piano di Gestione del distretto idrografico padano, rappresentandone la componente per il territorio regionale lombardo.

Un fondamento, che deve caratterizzare questa seconda fase di attuazione della Direttiva Quadro Acque, è l’impegno all’integrazione delle politiche per le acque con le altre politiche, tra cui la gestione del rischio idraulico, la pianificazione urbanistica, la protezione civile, la gestione del demanio idrico, l’agricoltura, l’energia, le infrastrutture e trasporti e la tutela della salute del cittadino.

Fin d’ora è necessario garantire un impegno straordinario per limitare gli ulteriori fattori di impatto e ottenere invece un miglioramento, superando il divario esistente tra lo stato ambientale delle risorse idriche e gli obiettivi di qualità indicati dalla direttiva.

L’accrescimento avvenuto in questi ultimi anni della capacità di Regione e di Arpa di condurre l’analisi delle pressioni che sono all’origine dello stato di degrado ancora troppo diffuso ha permesso di capire meglio il sistema di interrelazioni tra i diversi fattori che agiscono negativamente: apporto di inquinanti, insufficienza delle infrastrutture depurative, eccessiva impermeabilizzazione dei suoli, prelievi che mutano troppo il naturale equilibrio idrico, alterazioni idromorfologiche dei corsi d’acqua, assenza di gestione del drenaggio urbano, ecc.

È così emersa in modo chiaro l’esigenza di identificare e sviluppare una strategia basata su un approccio globale, in cui si integrino diverse politiche a livello territoriale. Già diverse esperienze significative si sono sviluppate su questo terreno, fondate sulla collaborazione tra le diverse Direzioni Generali per una integrazione tra politiche di settore; così come sul livello interistituzionale lo sviluppo e rafforzamento dei partenariati che danno vita ai Contratti di Fiume sono un importante tentativo di integrare anche con il livello locale responsabilità e politiche di intervento.

È importante che già l’Atto d’indirizzi possa indicare in modo puntuale e condiviso gli ambiti prioritari di integrazione che il Programma deve sviluppare.

La revisione della pianificazione sulle acque deve corrispondere, in particolare, a due differenti esigenze:

— L’adeguamento rispetto alle integrazioni al quadro normativo statale di riferimento, intervenute dal 2006 relativamente ai criteri per la classificazione dello stato ambientale dei corpi idrici superficiali, alla caratterizzazione e classificazione delle acque sotterranee, ai criteri per il monitoraggio dei corpi idrici ed alla trasmissione delle informazioni ai fini dei rapporti conoscitivi ambientali.

— Il superamento delle criticità e carenze evidenziate dalla Commissione Europea nell’ambito della valutazione sui piani di gestione delle acque dell’Italia, pubblicata ai sensi dell’articolo 18 della DQA in data 14 novembre 2012, a seguito della quale la Commissione Europea ha dato avvio nel luglio 2013 a scambi bilaterali con Italia, al fine di chiarire alcune specifiche questioni e definire impegni precisi e relative scadenze.

Prima di tutto l’attività di revisione della pianificazione deve però individuare quei miglioramenti delle conoscenze, della comprensione dei fattori che sono elementi di degrado delle risorse idriche, della capacità di individuare le misure adeguate a porre rimedio là dove la qualità è stata compromessa e a contenere ed eliminare i fattori di pressione e gli strumenti adeguati per attuarle, verificandone nel corso del sessennio l’effettiva efficacia.


2. Il contesto di riferimento


2.1 Quadro normativo

La Direttiva Quadro sulle Acque (Direttiva 2000/60/CE), di seguito DQA, ha l’obiettivo di istituire in Europa un quadro per la protezione delle acque al fine di ridurre l’inquinamento, impedire un ulteriore deterioramento e migliorare l’ambiente acquatico, promuovere un utilizzo idrico sostenibile e contribuire a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità.

L’obiettivo primario è il raggiungimento entro il 2015, del buono stato delle acque superficiali e sotterranee e il Piano di Gestione distrettuale è lo strumento conoscitivo, strategico e programmatorio attraverso cui gli Stati pianificano il raggiungimento dell’obiettivo.

La Direttiva inoltre stabilisce che la tutela delle acque sia affrontata a livello di “bacino idrografico” e l’unità territoriale di riferimento per la gestione del bacino è individuata nel “distretto idrografico”, area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere.

In Italia il processo di attuazione della DQA prevede due livelli di pianificazione: a scala distrettuale con il Piano di Gestione (art 117 del d.lgs. 152/06 e ss.mm.ii.) e a scala regionale attraverso i Piani di Tutela (art 121 del d.lgs. 152/06 e ss.mm.ii.) A prescindere dalla scala territoriale di riferimento e dalle amministrazioni responsabili, i due livelli di pianificazione devono essere entrambi finalizzati all’attuazione delle strategie generali e al raggiungimento degli obiettivi ambientali della DQA, nel rispetto delle scadenze prescritte a livello comunitario e con l’intento di garantire il più efficace coordinamento dei Piani di Tutela con gli altri strumenti regionali di pianificazione e di programmazione nei diversi settori (agricoltura, urbanistica, difesa del suolo, energia, infrastrutture viarie, aree protette, ecc.) ai fini della tutela delle risorse idriche.

A livello nazionale e di distretto idrografico padano, sono già stati fatti significativi sforzi per rispondere adeguatamente a quanto richiesto a livello europeo. Attraverso l’adozione del Piano di Gestione del distretto idrografico del Po nel febbraio 2010 (approvato con DPCM in data 8 febbraio 2013) è stato possibile portare a sistema tutta la conoscenza contenuta nei Piani di Tutela regionali, ma anche di quanto ancora rimane da fare per arrivare ad integrare tutte le politiche che gravitano intorno alla gestione delle acque.

I contenuti del Piano di Gestione del Po 2010, dell’Atto di Indirizzo per il coordinamento dei Piani di Tutela delle Acque e degli strumenti di programmazione regionale con il Piano di Gestione (adottato da AdBPO nel dicembre 2013), il Progetto di Piano di Gestone 2015 (pubblicato da AdBPO nel dicembre 2014), costituiscono la base di partenza del nuovo percorso che occorre fare per il riesame e l’aggiornamento del Piano di Tutela delle Acque regionale (di seguito PTA 2015).

Il PTA 2015 si colloca quindi in un quadro più strutturato sotto il profilo della pianificazione.

A integrazione del quadro di riferimento europeo sull’argomento, è opportuno ricordare come nell’ambito di scenari più generali, la gestione efficiente delle risorse idriche è inserita fra i pilastri della crescita sostenibile dell’Europa al 2020 e 2050.

Più specificamente, negli ultimi anni le istituzioni europee hanno più volte riaffermato la necessità di completare il quadro di azione della DQA attraverso iniziative complementari, atte per esempio a “fissare il giusto prezzo dell’acqua, ripartire in modo più efficace l’acqua e i fondi ad essa destinati, migliorare la gestione del rischio siccità, creare nuove infrastrutture per la gestione efficiente, pianificare l’uso del suolo …”. Tale processo ha portato all’adozione di un Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee, “minacciate dalla crescita della popolazione, dall’urbanizzazione, l’inquinamento, lo sfruttamento eccessivo, i cambiamenti climatici” ”, oggetto di una apposita Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo del 2012.

Gli obiettivi del Piano europeo e le azioni connesse, investono tutti i temi cardine delle politiche idriche combinando interventi regolamentari, partecipazione volontaria, applicazione di condizionalità, priorità assegnate all’impiego delle risorse finanziarie comuni (BEI e Fondi) relativamente principalmente alle seguenti tematiche:

— uso del suolo e stato ecologico delle acque (estrazione idrica, assegnazione delle quote, flusso ecologico);

— stato chimico e inquinamento (reflui, nitrati, fitofarmaci e pesticidi, emissioni industriali);

— efficienza idrica (crisi, carenze e stress idrico, misurazione dei consumi, politiche dei prezzi e recupero dei costi, efficientamento in genere, buone prassi in agricoltura, riuso);

— difese naturali (infrastrutture verdi, sistemi naturali di depurazione, ripristino di naturalità);

— economia e ambiente (sistemi di informazione sulle acque, contabilità ambientale, modelli idro-economici, politiche tariffarie);

— monitoraggi, governance (conoscenze appropriate, diffuse e condivise, promozione della partecipazione e della responsabilizzazione).

Completano inoltre il quadro normativo di riferimento anche le due procedure di EU-pilot avviate nei mesi scorsi dalla CE nei confronti dell’Italia, sia la n. 6011/14/ENVI sull’uso per fini idroelettrici, sia la n. 7304/15/ENVI sull’attuazione della DQA, che indicano con puntualità le lacune che il presente ciclo di pianificazione deve superare.

A completamento del presente quadro normativo si aggiunge la Direttiva 2007/60/CE del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni che introduce l’obiettivo di riduzione del rischio di alluvioni all’interno dei bacini idrografici, non presente nella Direttiva 2000/60/CE; introduce altresì la necessità di considerare i mutamenti dei rischi di alluvioni derivanti dai cambiamenti climatici.

La medesima Direttiva 2007/60/CE pone l’accento sulla necessità di una gestione integrata dei bacini idrografici nell’ambito dell’elaborazione dei Piani di gestione previsti dalla Direttiva 2000/60/CE e dell’elaborazione dei Piani di Gestione del rischio di alluvioni. Auspica inoltre che i due processi sfruttino le reciproche potenzialità di sinergie e benefici comuni, tenuto conto degli obiettivi ambientali della Direttiva 2000/60/CE, garantendo l’efficienza e un razionale utilizzo delle risorse.

I Piani di Gestione del rischio di alluvioni riguardano tutti gli aspetti della gestione del rischio di alluvioni, e in particolare la prevenzione, la protezione e la preparazione, comprese le previsioni di alluvioni e i sistemi di allertamento, e tengono conto delle caratteristiche del bacino idrografico o del sottobacino interessato. I piani di gestione del rischio di alluvioni possono anche comprendere la promozione di pratiche sostenibili di utilizzo del suolo, il miglioramento di ritenzione delle acque nonché l’inondazione controllata di certe aree in caso di fenomeno alluvionale. Tali aspetti devono essere sviluppati prevedendo la reciproca integrazione all’interno dei due piani.


2.2 Caratteristiche del territorio lombardo, delle risorse idriche e dei loro usi


2.2.1 Contesto socio-economico (dati basati su fonte ISTAT)


Demografia

La popolazione residente è calcolata in 9.937.397 al 31 dicembre 2013, pari al 16,4% della popolazione italiana. La densità abitativa media è elevata, circa il doppio di quella nazionale, con 417,9 abitanti per Kmq. La dimensione della famiglia media lombarda è di 2,26 componenti e circa il 30% della popolazione residente è composta da famiglie con un solo componente. L’indice di vecchiaia è alto, determinato dalla presenza di circa tre persone anziane (over 65) per ogni giovanissimo (under 14), benché abbia un valore inferiore di quello nazionale grazie all’apporto di residenti di nazionalità straniera.

I movimenti migratori sono più elevati della media italiana, con un saldo positivo del 4,1% (0,4% quello nazionale), riflesso soprattutto della vivacità e del grado di attrattività delle attività economiche della regione. Analoga motivazione è alla base della presenza straniera in Lombardia che è di 1.129.185 residenti, pari al 23% degli stranieri residenti in Italia; l’incidenza straniera sulla popolazione locale di nazionalità italiana è dell’11% (8% circa la media nazionale): il 17% degli stranieri proviene dall’Europa “a 27 paesi”, il 20,5% dall’Est Europa, oltre il 48% dall’Asia e dall’Africa.


Conti economici e lavoro

Il Prodotto Interno Lordo della Lombardia, nel 2013, è accertato in 360.358,2 milioni di Euro, il 22,3% del PIL nazionale. Il valore degli investimenti fissi lordi in Lombardia, nel 2012, è stato di 65,916 Ml di Euro, pari al 21,7% del totale nazionale. Il Valore Aggiunto delle attività economiche della Lombardia equivale a 324.212,4 milioni di Euro, cioè 32.634 Euro pro capite, rispetto ai 24.021,3 Euro della media italiana; esso è generato per il 72% da attività economiche riconducibili ai servizi, per il 26,9% dall’industria, per l’1,1% dall’agricoltura.

I consumi finali delle famiglie lombarde rappresentano il 18 % del totale nazionale.

Il tasso di attività in Lombardia è del 70,7%, con 4.237.000 occupati, notevolmente superiore alla media nazionale che è del 63,9%. Il tasso di disoccupazione (media 2014) è stato 8,2%, oltre quattro punti in meno della media nazionale (12,7). Il 30,9% delle ore totali di Cassa Integrazione Guadagni sono concentrate in Lombardia (dato 2014), riflesso dell’imponente patrimonio industriale della regione e, in proporzione diretta, degli effetti della crisi iniziata dal 2007.


Attività economiche

Le aziende agricole lombarde, 54.333, rappresentano il 3,4% del totale nazionale e il 10% circa delle aziende con allevamenti. Notevole è però il peso del settore in termini di produzione: in Lombardia si produce per es. il 42% del riso, il 19% circa di altri cereali. Ancora più significativi sono i numeri della zootecnia: sul territorio lombardo sono allevati 1.409.834 capi bovini e bufalini e 4.055.509 suini, pari rispettivamente al 23% e al 47% delle consistenze nazionali. Ciò si riflette sui dati di produzione di origine zootecnica: il 26% delle carni bovine, il 40% delle carni suine, oltre il 37% della produzione di latte. Agricoltura, silvicoltura e pesca rappresentano il 14,6% del valore di produzione nazionale (7,6% coltivazioni, 26% allevamenti).

Le imprese “attive” iscritte al registro delle imprese sono in Lombardia 812.668, poco meno del 16% delle imprese italiane: 34,1 per kmq di territorio, con 37 unità locali circa per Kmq. Il 5,9% appartiene all’agricoltura; il 12,3% all’industria manifatturiera, il 17% al settore delle costruzioni; il 36% al settore del commercio, alberghi ed esercizi pubblici. È da sempre da sottolineare la notevole e crescente “frammentazione” delle unità economiche in termini di addetti: le imprese artigiane costituiscono il 31,1% del totale e le ditte individuali il 53%; complessivamente la media è di 4 addetti per unità locale, con una media di 10 addetti nell’industria manifatturiera.

La Lombardia è ancora una regione a forte presenza industriale (36% circa degli occupati), benché il settore abbia subito un crollo di quasi nove punti tra il 2001 e il 2011, in particolare a carico del manifatturiero: dal 34% al 27%. D’altra parte, il settore terziario occupa circa il 62% dei lombardi attivi, di cui il 18% nel settore alberghiero e il 43% circa negli altri servizi.

Il commercio estero, è un punto di forza dell’economia locale, che vanta un notevole grado di apertura (73% contro il 53% nazionale) e si ritaglia quote in valore pari al 31% sulle importazioni e 27,5% sulle esportazioni del totale nazionale. Il settore manifatturiero lombardo esporta una quota del 28% (in valore) delle corrispondenti esportazioni nazionali. Il mercato estero di riferimento prevalente è quello europeo sia per le importazioni (65%), sia per le esportazioni (54%).

Adeguata attenzione merita il settore della grande distribuzione. Il 17% degli esercizi della grande distribuzione sono in Lombardia, con una superficie di vendita (mq. 3.359.543) pari al 21,5% di quella occupata a livello nazionale; gli ipermercati sono il 26,4% di quelli italiani e occupano il 28,5% degli occupati nel comparto; percentuali appena inferiori ma non meno significative per i supermercati (20,8% di tutti gli addetti a livello nazionale).

Il settore turistico ha una capacità ricettiva di 343.019 posti letto; nel 2013 si sono registrati 13.611.606 arrivi (51,3% stranieri) con 33.960.641 giornate di presenza.

Un correlato dell’intensa attività economica della regione è rappresentato dal settore del credito. Il 19,5% degli sportelli bancari italiani è in Lombardia: da questi sono gestiti il 38,2% degli impieghi (606.462,9 miliardi di Euro) e il 30,4% dei depositi (317.456,2 miliardi di Euro).

Un tipico riflesso dell’intensità economica e demografica della Lombardia è il seguente: ogni anno sono generate 1.256.538 tonnellate di rifiuti urbani, il 50% di quelli prodotti dall’intero paese (dato 2013).


Produzione di energia

In Lombardia sono attivi circa 430 impianti idroelettrici (tra grandi e piccole derivazioni) che erogano una potenza efficiente lorda di 6.038,5 MW: rispettivamente in numero circa il 7% degli impianti italiani, il 25% della potenza installata, il 23,6% della producibilità media annua. Gli impianti termoelettrici sono 831 con potenza efficiente lorda di 13.376 MW: rispettivamente in numero il 28% degli impianti italiani, il 60% della potenza installata, il 16,5% della producibilità media annua.


Infrastrutture di trasporto, mobilità

Sul territorio regionale scorrono 2.000 Km di ferrovie, 1.000 Km di strade statali, 10.000 Km di strade provinciali e 680 Km di autostrade. I veicoli circolanti sul territorio regionale sono 7.671.348 (2013), il 76,4% sono autovetture (769 ogni 1000 abitanti) e il 9% circa automezzi pesanti. In un anno (2013) transitano sul territorio lombardo 233 milioni di tonnellate di merci su gomma, il 21% del totale nazionale.


2.2.2 Contesto territoriale e sistema idrografico

La superficie della Lombardia è di Kmq 23.863.7 pari al 7,9% del territorio nazionale. Il territorio è per il 40,4% montano, per il 12,4% collinare, mentre la pianura occupa il 47,1% dell’intera estensione; presenta una piovosità media di 1.000 mm/anno circa, che varia però sensibilmente all’interno del territorio regionale con punte che superano i 2.000 mm/anno in alcune zone della provincia di Varese nel bacino del Lago Maggiore e sul crinale orobico.

Il volume dell’afflusso medio annuale derivante dalle piogge si aggira quindi intorno ai 27 miliardi di m³. A questi si aggiungano un volume di riserve (intesa come disponibilità non rinnovabile) stoccate in regione di circa 120 miliardi di m³ nei laghi, di circa 500 miliardi di m nelle falde sotterranee e di circa 4 miliardi nei ghiacciai alpini.

L’estensione del reticolo idrico regionale, sia naturale che artificiale, per difetto è di circa 60.000 km, circa 1 volta e mezzo la circonferenza terrestre; di questi circa 9.000 km costituiscono il reticolo di riferimento del Piano di Tutela.

La regione è attraversata da alcuni grandi fiumi: Ticino, Adda, Oglio, Chiese, Mincio, che affluiscono e defluiscono dai grandi laghi e presentano quindi un regime di deflusso stabile, per tutto l’anno, con periodi di piene e di magra. Altri fiumi regionali: Olona, Lambro, Brembo, Serio, Mella, oltre a quelli provenienti dal versante appenninico presentano un regime torrentizio, con marcate oscillazioni negli andamenti del regime idrologico.

Il territorio lombardo comprende inoltre un numero molto elevato di laghi, tra i quali cinque tra i più grandi bacini italiani (Garda, Maggiore, Como, Iseo e Lugano), oltre ad un gran numero di laghi più piccoli (Annone, Pusiano, Monate, Garlate, ecc.). A questi si devono aggiungere numerosi bacini artificiali destinati alla produzione di energia elettrica, ubicati nelle aree montane. La Lombardia è la Regione più ricca di laghi, sia in termini di superficie (40% del totale) che in termini di volume (65%). I principali tra i laghi e bacini artificiali (circa 60) sono considerati significativi e inseriti all’interno del Piano di Tutela.

Il sottosuolo della pianura lombarda è sede di un importante riserva di acque sotterranee. Più limitatamente anche in altre aree della regione, come i fondovalle alpini o i massicci carsici, sono presenti consistenti accumuli di acque. Gli acquiferi di pianura si caratterizzano per un complessità crescente (compartimentazione) da nord verso sud permettendo a scala regionale l’individuazione di diversi gruppi acquiferi posizionati a profondità differenti e con diversi livelli di protezione. In territorio lombardo sono stati individuati come significativi e riportati nel Piano di Tutela un totale di circa 30 corpi idrici che comprendono la maggior parte delle zone descritte più sopra.

Negli ultimi decenni, l’alterazione del regime pluviometrico in termini di distribuzione, durata e intensità delle precipitazioni liquide e nevose, in concomitanza all’incremento complessivo delle temperature e alla maggiore intensità e frequenza degli eventi climatici estremi, hanno avuto conseguenze rilevanti sulla qualità e la quantità delle risorse idriche regionali.

Se i cambiamenti climatici finora rilevati dovessero intensificarsi nella nostra regione, come previsto entro fine secolo, i fattori di stress climatico potrebbero agire, attraverso complesse interazioni, in sinergia ad altri fattori non climatici di carattere socio-economico e demografico, aggravando di conseguenza i conflitti legati alla scarsità stagionale delle risorse idriche disponibili.

È quindi prevedibile che nei prossimi decenni si creino i presupposti per una maggiore frequenza di situazioni di deficit nel bilancio fra domanda e offerta della disponibilità idrica utile (specialmente durante la stagione estiva). Tali situazioni potrebbero creare ulteriori conflitti tra i settori fruitori della risorsa e competenti nella gestione della stessa, nonché ingenti costi economici associati, come già successo nelle crisi idriche del 2003, 2007 e 2012.


2.2.3 Monitoraggio e stato delle risorse idriche

Il Piano di gestione del 2010, relativamente alle acque superficiali, sulla base dei criteri previsti dal d.lgs. 152/06, ha individuato 716 corpi idrici di cui 660 corsi d’acqua e 56 laghi.

Il corpo idrico (CI) per definizione non corrisponde normalmente a un intero corso d’acqua ma a una parte significativa e con caratteristiche “simili” di questo.

All’interno del Piano è stato anche individuato l’orizzonte temporale per il raggiungimento dell’obiettivo “buono”, secondo le scadenze temporali indicate dalla Direttiva: 2015, 2021 e 2027, come riportato in tab.1.


TAB.1 - OBIETTIVI DI QUALITÀ DEI CI SUPERFICIALI (PDG2010)



Ecologico

Chimico

2015

2021

2027

nd

2015

2021

2027

nd

Corpi idrici fluviali

493

123

39

5

500

117

38

5

Corpi idrici lacustri

31

11

11

3

31

11

11

3


Per il monitoraggio e la classificazione è stata individuata la rete di monitoraggio ufficiale, definendo il numero e l’ubicazione dei punti di prelievo sulla base:

— della tipologia dei corpi idrici stessi e delle dimensioni del relativo bacino imbrifero (di norma superiore a 10 km2);

— della morfologia del reticolo idrografico, della destinazione d’uso del territorio e della risorsa;

— della distribuzione territoriale degli scarichi di acque reflue e della confluenza dei principali affluenti.

La rete di monitoraggio è stata strutturata con l’obbiettivo di offrire un quadro generale dello stato delle acque lombarde. Pertanto all’interno di ogni bacino, oltre alle caratteristiche qualitative del corpo idrico principale, sono monitorati anche i maggiori affluenti o tutti quei corsi d’acqua che possono rappresentare, per carico, per rilevanza naturalistica o per uso, elementi importanti per le caratterizzazioni delle acque del bacino.

Nel corso del tempo la rete di monitoraggio ha subito una serie di aggiornamenti e affinamenti, passando da circa 260 punti di prelievo e misura nel primo Piano di Tutela agli attuali 402.

La percentuale di copertura è tra le più elevate tra le Regioni appartenenti al distretto padano.

Relativamente alle acque sotterranee, Il Piano di Gestione (PdG) 2010 ha individuato 15 corpi idrici nella porzione planiziale del territorio (riferiti sia ad acquiferi superficiali che profondi); nel resto della regione invece sono stati individuati 5 corpi idrici nelle zone dei fondovalle principali (Valtellina, Valchiavenna, Valcamonica, Val Trompia e Valle Sabbia), inoltre sono stati individuate le zone appartenenti al sistema carbonatico (calcari), e al sistema cristallino.

Anche per questi corpi idrici il Piano ha individuato l’orizzonte temporale per il raggiungimento dell’obiettivo “buono” con le medesime scadenze, come riportato in tab.2.



TAB.2 - OBIETTIVI DI QUALITÀ DEI CI SOTTERRANEI (PDG2010)



Quantitativo

Chimico

2015

2021

2027

nd

2015

2021

2027

nd

Corpi idrici sotterranei

20

0

0

0

14

0

6

0


Anche in questo caso la rete di monitoraggio ha subito un processo di revisione e implementazione nel corso del tempo con l’obbiettivo di meglio descrivere questi corpi idrici, spesso di ingenti dimensioni: attualmente la rete è formata da 427 punti di prelievo per il monitoraggio quantitativo e 514 punti di prelievo per il monitoraggio qualitativo (spesso coincidenti). Inoltre sono monitorate 59 sorgenti. Nel precedente piano la rete era formata da 430 punti di prelievo.

Sulla base dell’esperienza maturata e delle conoscenze acquisite negli ultimi anni di lavoro, il Programma conterrà la revisione e l’aggiornamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei sulla base delle nuove informazioni ora disponibili e degli esiti di studi condotti sull’argomento negli ultimi anni.

Come previsto dalla normativa vigente, il monitoraggio delle acque superficiali è suddiviso in un monitoraggio ecologico e in uno chimico. Il primo è basato sullo stato di salute degli elementi biologici cui si aggiungono valutazioni chimico-fisiche. Il secondo invece è basato sulla presenza/assenza di un determinato numero di sostanze chimiche definitive pericolose e/o prioritarie.

I risultati della classificazione, effettuata per il sessennio 2009-2014, sono riportati nelle tabelle sottostanti.



TAB.3 - QUADRO DI SINTESI DELLO STATO ECOLOGICO



Corsi d’acqua

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